
Regarding training, I often came across the word "gentle method ” - usato a gran voce da parte degli operatori per imbonire, attraverso gli annunci, i loro potenziali clienti.
Questo termine venne coniato in risposta all'addestramento cinofilo classico, il quale prevedeva un vecchio e superato metodo basato sulla “punizione” e sul “rinforzo” - quelle che tecnicamente vengono definite “leve”.
In sostanza le scuole di pensiero si scissero tra una nuova presa di coscienza dell'animale in quanto essere vivente-senziente ed i sistemi classici ancora in uso.
Avendo avuto però la fortuna di essere, per così dire, “svezzato” da bravissimi professionisti dell'epoca, i quali vedevano nella “corretta relazione” l'unico modo possibile per accedere alla mente di un animale, mi è sempre riuscito difficile capire un altro sistema di approccio che non fosse quello basato sulla comunicazione etologica.
Nel tempo le mie capacità si svilupparono attraverso questo unico senso di marcia che ritenevo imposto più dal buon senso che non dalla tecnica fine a se stessa.
Il clamore sollevato dalle nuove applicazioni zooantropologiche (e sottolineo “clamore”) e dai “ sistemi gentili ” mi era sembrato eccessivo - se non addirittura incomprensibile.
Credo che nel parlare di “addestramento” si debba innanzi tutto partire da una divisione netta tra l'intento di voler “educare il cane” (o insegnargli qualcosa) e la volontà di “comunicare con il cane” - due cose molto diverse sotto il profilo dello sviluppo e della finalità.
Per fare questo, però, bisogna chiedersi quanto questo possa interessare al cane, se volgiamo essere veramente “gentili”.
Gli addestratori sottovalutano spesso un punto fondamentale: la visione umana delle parole “educazione” e “addestramento” che non si può scindere dal concetto di “funzione” (umana).
Chi quindi si propone come alternativa all'arroganza dei sistemi coercitivi e sbrigativi, già parte con la parola sbagliata quando usa la parola “addestrare” – la quale deriva da “rendere destro, functional, accessible. "
The term "training friendly" is heard at the same level then the more famous "separation by mutual consent." A separation will never be such if we think about it.
E 'then a simple word game? One red herring tended to give a moral rigor of "new" mold?
I think so, since every educator dog knows these fundamental concepts.
Do not go there, do not go here, that is, one not. What can and must make the dog is always due to human judgments: never canine.
Where is the kindness? Manner?
And the dog do you think? We
always guide us to our friend in his gestures, or rather, gestures and behaviors that a human being " claims, or simply want .
The cause of all this remains the atropocentrica vision of life that we learn from childhood. An imprint from which even the bravest "gurus" are able to distance is so ingrained.
seems easy for anyone to open a tap and let the water flow, as is normal that there is always enough food, often in excess, to meet their nutritional needs.
The man has completely lost the relational dynamics in the relationship with nature, and especially nei confronti di quelle che tecnicamente chiamiamo “risorse primarie”. Come fa quindi a rapportarsi seriamente in modo interspecifico se alla base non c'è una relazione VERAMENTE paritaria almeno sui fronti principali?
Il concetto di lavoro, in quanto mezzo di sopravvivenza, non ha nulla a che vedere con la mente di un cane e siamo noi esseri umani a condizionarlo in una sorta di “complicità” tutta da dimostrare, la quale ritengo che sia più un “compromesso” da parte del cane che non un nostro passo in avanti volto alla comprensione di quest'ultimo.
La relazione è spesso statica, svuotata del suo reale significato e figlia di una mentalità che da tutto per scontato; compresa l'efficacia delle leve positive.
L'addestramento apre la mente di un animale se fatto nel modo corretto e basato su principi etologici.
Inibisce e violenta, quando il rapporto non è dialogico, ma di “pretesa”. Gentile o “maleducato” che sia.
Concludendo: i metodi gentili di addestramento – basati sulla concessione di cibo o gioco – esistono solo nell'etica e nella professionalità umana, e non hanno nulla a che vedere con i pensieri del cane.
Esiste l'addestramento in quanto insegnamento, o amplificazione guidata delle attitudini innate attraverso un'infinita serie di modi, ma non un modo canino gentile.
Il mondo della zooantropologia cade molto spesso in questa contraddizione (conflitto) dal momento che vede nell'animale l'unico elemento senziente dell'interazione, la cui natura NON è funzionale per l'uomo, ma lo diventa. Così facendo, però, dimentica le necessità umane cercando di porsi solo ed esclusivamente in una dinamica univoca e non dialogica; alla stessa stregua di una qualunque dottrina animalista.
Ciò che è valido per l'uomo, il più delle volte, non ha alcuna valenza per il cane – esattamente come lo è nell'inversione dei ruoli - e ciò che facciamo in “buona fede” o “a fin di bene” difficilmente è ascrivibile alla vera natura dei cani.
Sono sempre i pensieri uman, quindii, a mediare la questione. Nel bene e nel male.